Il girasole. I limiti del perdono di Simon Wiesenthal edito da Garzanti

Il girasole. I limiti del perdono

Editore:

Garzanti

Edizione:
8
Traduttore:
Attardo Magrini M.
Data di Pubblicazione:
8 novembre 2002
EAN:

9788811676928

ISBN:

8811676924

Pagine:
224
Formato:
brossura
Argomenti:
Autobiografie generali, Olocausto
Acquistabile con la

Descrizione Il girasole. I limiti del perdono

Nel 1942, a Leopoli, una SS morente chiede ad un ebreo il perdono per i crimini che ha commesso. A rifiutare questa grazia al giovane nazista è Simon Wiesenthal, che dopo la guerra diventerà l'implacabile "cacciatore dei nazisti" . A distanza di tempo quel rifiuto continua a turbare Wiesenthal: ne discute con gli amici, va a visitare l'anziana madre della SS, infine decide di raccontare quella vicenda per chiedere e sé stesso e ad altri testimoni e intellettuali se ha commesso un errore, negando il perdono.

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4 di 5 su 3 recensioni

Un girasole.Di c. monica-18 luglio 2011

Io sono ebreo e come tale destinato all'annientamento, tu sei un giovane SS, sei diventato un assassino per scelta e ora mi chiedi perdono per il male che hai fatto al mio popolo. Hai commesso un crimine orrendo, indimenticabile, ma quando morirai avrai il tuo girasole sulla tua tomba, io invece sono destinato a passare per il camino, nessuna tomba ne girasole, saro' solo cenere da concime. A me, che guardo la morte in faccia ogni giorno chiedi perdono, ma sono io quello che puo' perdonare a nome di tutto il mio popolo i crimini da te commessi? Ci avete sterminati in milioni e milioni, nessun perdono per l'ebreo, io invece da ebreo non mi capacito, non so se ho fatto la cosa giusta negando il perdono ad un uomo morente. Simon scrive questo libro chiedendo aiuto a chiunque sia in grado di ascoltare questa sua preghiera. E molte risposte gli pervengono. Da leggere, fa riflettere.

Si deve perdonare comunque?Di b. claudia-26 marzo 2011

Il dubbio continua a tormentare il "cacciatore di nazisti" anche se sono passati tanti anni dall'incontro con il nazista morente a cui rifiutò il perdono che gli veniva chiesto: ha fatto bene? Ha fatto male? Ma chi siamo noi per condannare o assolvere? E al lettore passa questo dubbio, oltre che a una serie di illustri personalità la cui risposta costituisce la seconda parte del libro. Un dibattito appassionante, in cui ogni presa di posizione ha le sue buone ragioni, un dilemma che si allarga a molteplici situazioni in cui ci viene richiesto un perdono quasi impossibile.

La morte senza pietàDi t. raniero-3 settembre 2010

Seconda guerra mondiale. Nei pressi di Leopoli, prigioniero in un Lager, S. Wiesenthal, insieme ad altri reclusi, viene tradotto, dopo l'appello, per recarsi al lavoro, presso un edificio che si rivela essere il vecchio politecnico, ora adibito ad ospedale tedesco. Qui, un'infermiera, dopo avergli domandato se è ebreo, ed avendone ricevuta risposta affermativa, lo conduce in una stanza dove una SS morente, disteso su un letto, con la testa quasi completamente bendata, gli chiede di restare e di essere ascoltato. "Non mi resta molto da vivere", mormora il malato con voce appena udibile."So che sono alla fine". Il protagonista, ormai avvezzo da tempo allo spettacolo della morte e delle atrocità vissute nel Lager, non riesce naturalmente a commuoversi. "La morte, la malattia, il dolore sono per noi ebrei compagni inseparabili: non ci impressionano più". Il moribondo lo invita ad avvicinarsi e gli prende la mano, stringendola, e così inizia il racconto della sua breve vita, svelandogli che è una SS. Gli parla della sua famiglia, soprattutto di sua madre, di come giovinetto abbia fatto parte della Hitlerjugend e come, non appena possibile, infarcito dalla retorica nazista, sia partito per la guerra come volontario, nel gruppo scelto delle SS. Poi, ad un certo punto, accorgendosi del disagio del suo ospite, lo trattiene ancora dicendogli: "Ma prima vorrei ancora parlare di qualcosa che mi tormenta. Altrimenti non posso morire in pace." E, ancora: "Devo dire a lei questa cosa orribile, a lei perchè...è ebreo." Il racconto, adesso, assume contorni atroci, perchè viene narrata, con dovizia di particolari, la strage compiuta dalla SS, insieme a un gruppo di camerati, contro centinaia di ebrei inermi, rinchiusi in un edificio a tre piani cui viene dato poi fuoco. Alla fine, l'SS morente, conclude: "Da quando sono qui[in ospedale], quell'orribile scena non mi esce di mente." Continua: "I dolori fisici mi straziano orribilmente. Ma ancora più orribilmente mi strazia la mia coscienza." Per morire in pace cerca il perdono dell'ebreo, in quanto ebreo, che è vicino a lui, dicendolo in modo esplicito. S. Wiesenthal, inquieto, confuso, si alza e, senza dire una parola, abbandona quella stanza con la sua atmosfera di morte. Il giorno dopo, ritornato presso l'ospedale, apprende, che la SS è morta, è morta senza il suo perdono, senza una parola di pietà. Così comincia il grande interrogativo che tormenta l'autore: avrebbe dovuto perdonare? O potuto perdonare? Ha agito bene o male nel rifiutare il perdono ad una odiata SS, che tuttavia era sinceramente pentita e moralmente tormentata dal ricordo delle sue orribili azioni? Termina in questo modo la prima parte del libro, mentre la seconda, voluminosa quanto il racconto, comprende l'insieme dei giudizi su questi angoscianti interrogativi, frutto della riflessione di alcune importanti personalità del mondo della cultura e della politica e della religione, ai quali l'autore aveva inviato il manoscritto del suo racconto per ricevere da loro una risposta, considerando che la sua vicenda era meritevole di essere dibattuta per il suo alto significato politico, filosofico e religioso. Anche il lettore è spinto a formarsi un'opinione ed è tentato di dare una sua risposta, cercando, idealmente, di partecipare al dibattito, come è naturale che sia; perchè la vicenda di una SS morente, simbolo del nazismo, che chiede perdono a S. Wiesenthal in quanto ebreo e per questo simbolo degli ebrei morti, torturati, avviliti, vittime di inenarrabili atrocità, durante le persecuzioni naziste, vissute in quel periodo anche dall'autore sulla propria pelle, è una storia che tocca in profondità le corde del nostro cuore.