Giacinto Tredici. Vescovo a Brescia in anni difficili di Maurilio Lovatti edito da Fondazione Civiltà Bresciana

Giacinto Tredici. Vescovo a Brescia in anni difficili

Data di Pubblicazione:
2009
EAN:

9788855900157

ISBN:

8855900153

Pagine:
456
Formato:
rilegato
Argomento:
Cattolicesimo romano, Chiesa cattolica romana
Acquistabile con la
Spedizione GRATUITA sopra € 25
€ 20.00
Attualmente non disponibile, ma ordinabile (previsti 15-20 giorni)
Effettua l'ordine e cominceremo subito la ricerca di questo prodotto. L'importo ti sarà addebitato solo al momento della spedizione.
servizio Prenota Ritiri su libro Giacinto Tredici. Vescovo a Brescia in anni difficili
Prenota e ritira
Scegli il punto di consegna e ritira quando vuoi

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti
5 di 5 su 1 recensione

Giacinto Tredici vescovo e filosofoDi l. maurilio-25 ottobre 2011

A capo della diocesi di Brescia negli anni tempestosi del fascismo, scomparso poco prima dell'era inaugurata dal Vaticano II: in un mondo che va veloce il rischio era per il vescovo Giacinto Tredici (1880-1964) di finire in una teca, sicuramente bella, destinata a coprirsi però di polvere. Maurilio Lovatti, docente di filosofia in un liceo e collaboratore dell'Università Cattolica di Brescia, con il suo ponderoso volume Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici, vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà Bresciana, Fondamenta, Brescia 2009, pp. 454, ill. Ha sicuramente messo un punto fermo per ripensare in maniera approfondita in tutta la sua complessità questa figura di presule. In 454 pagine, il testo che si fregia di una prefazione di Luciano Monari, attuale vescovo di Brescia, si snoda geometrico e approfondito sulla vita, le vicende ecclesiastiche ed il pensiero filosofico e teologico di Tredici. Milanese, ordinato sacerdote nel 1902, profondo cultore di filosofia e teologia, avrebbe alternato la sua attività nella metropoli meneghina tra l'arcivescovato e Santa Maria del Suffragio, allora parrocchia di frontiera. Nel 1934 divenne vescovo di Brescia, ribadendo ancora una volta il rapporto filiale tra la nostra diocesi e quella milanese. Tredici sarebbe stato l'ultimo vescovo a fregiarsi di un titolo come quello di conte di Valcamonica, e tra i primi a doversi confrontare con la modernità a tutto tondo. In particolare arrivò a Brescia al termine di una sofferta nomina. Succedeva infatti a Giacinto Gaggia, unico vescovo italiano a non partecipare alle elezioni indette dal regime nel 1929. Tra l'altro a Brescia pare aspirasse anche tal Angelo Roncalli, il futuro pontefice. La vittoria di Tredici fu interpretata come un successo del regime, dato che il futuro vescovo era stato inviato dal cardinal Schuster ad inaugurare la stazione centrale di Milano nel 1931. Merito di Lovatti aver dimostrato la profondità dei rapporti tra partito fascista e vicariato: dialogo nella fermezza fu in sostanza la linea che guidò l'agire di Tredici, tanto a Milano dove fu ascoltato collaboratore di Schuster e poi a Brescia. Elogiò i patti lateranensi ma difese a spada tratta i sacerdoti della diocesi dalla pressioni del partito. Pubblicò poi con grande rilievo i pronunciamenti di Schuster contro le leggi razziali del 1938. Tredici dimostrò indipendenza anche rispetto ad una questione che all'epoca sollevò non pochi imbarazzi: i funerali di Gabriele D'Annunzio eroe nazionale ma di sicuro non uno stinco di santo. In questa occasione le strade di Tredici si intrecciarono, come sarebbe accaduto molte volte negli anni successivi, con quelle di Montini. Fu durante la Seconda guerra mondiale, in particolare negli ultimi due anni particolarmente convulsi, che il palazzo di via Trieste divenne luogo di mediazione tra le diverse fazioni l'una contro l'altra armata. Nei giorni caotici della Liberazione il vescovo si trovò ad essere una voce di riferimento forte per tutti i bresciani che seguì anche negli anni della Ricostruzione. Significativa la fotografia che lo ritrae con Bruno Boni, monsignor G. Battista Montini e padre Ottorino Marcolini all'inaugurazione del villaggio Violino. In quegli anni dunque Giacinto Tredici si trovò ad accompagnare il passaggio delle nostra chiesa alla modernità, alle soglie del Vaticano II. Uomo di mediazione ma anche filosofo, vicino al neotomismo ed autore di un volume di una storia della filosofia, capace di posizioni autorevoli e controcorrente. Nel 1950 fu tra quei 6 vescovi, su 1681, che espressero parere contrario al dogma dell'Assunta. Fu anche un attento osservatore di fenomeni di religiosità popolare come quella Pierina Gilli di Montichiari. Su tutto e tutti un attenzione profonda alle cose vere che, come amava ripetere "sono poche poche" e alle persone, dato che amava definirsi "il vescovo di tutti per me nessuno finisce mai ai margini della diocesi". Vittorio Nichilo