Il ghetto di Roma nel Cinquecento. Storia di un'acculturazione
- Editore:
Viella
- Collana:
- La corte dei papi
- Traduttore:
- Sottile M. S.
- Data di Pubblicazione:
- 12 febbraio 2014
- EAN:
9788883349423
- ISBN:
8883349423
- Pagine:
- 268
- Formato:
- brossura
- Argomenti:
- Storia moderna dal 1450-1500 al 1700, Studi sull'Ebraismo
Descrizione Il ghetto di Roma nel Cinquecento. Storia di un'acculturazione
Nel luglio 1555, con la bolla "Cum nimis absurdum" papa Paolo IV limitò i diritti della comunità ebraica dello Stato della Chiesa e impose l'istituzione del ghetto. Da quel momento in poi, gli ebrei a Roma avrebbero dovuto vivere in una o più strade contigue, separate dalle abitazioni dei cristiani. Questa imposizione fu accompagnata da varie clausole, quali il divieto di avere servitù cristiana, la possibilità di commercio solo di stracci e vestiti usati e l'obbligo di portare il cappello o il fazzoletto giallo per uomini e donne. Lo scopo primario del ghetto doveva essere quello di accelerare la conversione degli ebrei e la dissoluzione della loro cultura, ma - come qui mostra Kenneth Stow, uno dei massimi esperti di storia degli ebrei italiani - già prima del 1555 gli ebrei romani avevano sviluppato modelli di comportamento individuali e comunitari in grado di poterli sostenere anche nei periodi più duri. Dopo la creazione del ghetto riuscirono a rafforzare ulteriormente le proprie strategie di acculturazione e a sviluppare quindi una microcultura che ne salvaguardò l'identità attraverso i secoli. Grazie ad un sapiente gioco delle parti, gli ebrei romani misero in scena un "teatro sociale" in grado di farli sopravvivere, restando ebrei e romani, all'interno di un ambiente cristiano che le gerarchie ecclesiastiche avrebbero voluto dominante e oppressivo.