L' epoca delle passioni tristi di Miguel Benasayag, Gérard Schmit edito da Feltrinelli
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L' epoca delle passioni tristi

Editore:

Feltrinelli

Edizione:
9
Traduttore:
Missana E.
Data di Pubblicazione:
1 settembre 2013
EAN:

9788807883248

ISBN:

8807883244

Pagine:
129
Formato:
brossura
Argomenti:
Gruppi sociali in base all'età: adolescenti, Interazione sociale
Disponibile anche in E-Book
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Descrizione L' epoca delle passioni tristi

I servizi di psichiatria vedono crescere il numero di giovani che accusano forme di disagio psichico. Un fatto allarmante, che più che il segnale di un aumento delle patologie, è il sintomo di un malessere generale che permea la società. Un fenomeno che costringe a interrogarci su che cosa si basi la nostra società, su quali siano le cause delle paure che ci portano a rinchiuderci in noi stessi. I problemi dei più giovani sono il segno visibile della crisi della cultura occidentale fondata sulla promessa del futuro come redenzione laica. Si continua a educarli come se questa crisi non ci fosse, ma la fede nel progresso è sostituita dal futuro cupo, dalla brutalità che identifica la libertà con il dominio di sé, del proprio ambiente, degli altri.

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3 di 5 su 3 recensioni

Prospettiva interessanteDi B. Anna-12 febbraio 2017

Nonostante si tratti di un testo specialistico, credo sia una lettura consigliabile anche a lettori di diversa formazione rispetto a quella medico-sanitaria, così come a chiunque provi interesse per l'ambito in questione, data la non pesantezza nell'esposizione e la quotidianità della materia trattata.

Dice cose banaliDi L. Pina-30 marzo 2012

Già la prefazione apocalittica (come intesa da Eco) mi irrita: c'è decadenza, c'è grande crisi, le cosa van male; e poi la spiegazione, la decadenza c'è perché non si fanno le cose come una volta, mi dà fastidio vieppiù. E poi qualche osservazione irritante qui e lì non fa che peggiorare la situazione. Ed ecco quindi che gli argomenti proposte mi sembrano banali, nel senso che si tratta di cose scontate e non particolarmente rivoluzionarie (fate i buoni, considerate gli individui e lasciate perdere l'eccessiva economicità della politica) , e il tutto mi sembra ripieno di spocchia autoreferenziale.

L'epoca delle passioni tristiDi R. Pasqualina-27 settembre 2011

Fin dal titolo gli autori si pongono nel segno della filosofia di Spinoza, le "passioni tristi" sono quegli stati d'animo che, come diceva Spinoza, non manifestano la tristezza dell'uomo come avviene nel pianto, ma la sua impotenza, la sua incapacità di controllare quello che gli sta succedendo. Questo concetto alla base del libro che funziona allo stesso tempo da analisi della società e della cultura contemporanee, della condizione giovanile, da ipotesi di lavoro per l'educazione, da riflessione sul significato e i modi della cura (psicologica e psichiatrica) . Sul piano della società e della cultura il complesso che viene letto alla base della transizione in atto (o forse già compiuta) è la fine dell'utopia moderna del controllo: la ragione strumentale non porta, come la tecnoscienza pensava, al sereno dominio dell'uomo su tutte le cose, ma alla negazione di questa stessa possibilità. Il risultato è che la sicurezza del progresso si converte nella percezione della minaccia, nella paura della disgregazione e della fine. I giovani vivono all'interno di questo diffuso vissuto di crisi che si traduce per loro nella perdita del futuro: il venir meno dei punti fermi, la flessibilità a tutti i costi, la percezione di una incertezza generalizzata su quello che si potrà diventare, si traducono nel sovvertimento della scala dei valori, nel sovraordinamento dell'utile economico rispetto a qualsiasi ideale comporti un investimento a medio-lungo termine. Senza contare che la percezione della fine attiva la loro pulsione di morte legando alla trasgressione anche estrema un sottile piacere (come succede per l'uso di droghe, di alcool o delle corse in auto) . Gli adulti, gli educatori, di fronte a questi giovani accusano tutto il loro disagio. Invece di fare la cosa più logica, ovvero insegnare loro il desiderio, gli adulti accettano fino in fondo la crisi e questo si traduce in due comportamenti altrettanto sbagliati: il tentativo di sedurli (come fa la pubblicità) sperando di convincerli; la tendenza a imporre loro delle scelte con la minaccia che se non agiranno in un certo modo non avranno futuro. Il risultato è che i giovani si perdono, in entrambe i casi, e tendono a trasferire la scena dell'elaborazione del loro Edipo dalla famiglia (che non viene più riconosciuta sufficientemente stabile per questo) allo spazio pubblico dello sconto di piazza con la polizia, della violenza da stadio, del teppismo nelle sue diverse forme. Far fronte alla crisi (dei giovani) nella crisi (della società) vuol dire attivare una clinica del legame e un'educazione del legame. Si tratta di una prospettiva contraria alla clinica del sintomo e della classificazione: questa curaeduca l'individuo (non la persona in situazione) , mira a sviluppare la sua autonomia pensandola come potenziamento della sua volontà, come sviluppo della sua capacità di essere forte. Al contrario una clinicaeducazione del legame cura la persona, non mira a rimuovere il sintomo ma ad aiutare la persona a stare nella situazione che le è propria, sviluppa l'autonomia intesa come capacità di appropriarsi dei legami che ci costituiscono nella consapevolezza che la libertà consiste proprio nel sentirsi responsabili di questi legami (e non nel rimuoverli) . L'obiettivo non è diventare forti, ma imparare a convivere con le proprie fragilità. Un saggio bello, attuale, profondo, che dischiude interessanti prospettive di lettura e intervento per gli educatori e i professionisti della cura.