Edward Hopper di Carter Foster edito da Skira

Edward Hopper

Editore:

Skira

Data di Pubblicazione:
21 novembre 2012
EAN:

9788857202822

ISBN:

8857202828

Pagine:
240
Formato:
rilegato
Argomenti:
Pittura e tecniche della pittura, Singoli artisti, monografie d'arte
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Descrizione Edward Hopper

Edward Hopper è il più popolare e noto artista americano del XX secolo: pittore della vita quotidiana, delle solitudini umane e dei paesaggi, è il riconosciuto caposcuola del Realismo americano. Pubblicata in occasione della grande mostra di Edward Hopper in Italia (Milano, Palazzo Reale, 15 ottobre 2009 - 24 gennaio 2010; Roma, Fondazione Roma Museo, 16 febbraio - 13 giugno 2010; Losanna, Fondation Hermitage, 24 giugno - 17 ottobre 2010), la monografia presenta circa 190 opere tra oli, acquerelli e disegni provenienti dai più importanti musei americani, primo tra tutti il Whitney Museum of American Art, al quale la vedova di Hopper nel 1970 lasciò tutta l'eredità dell'artista (oltre 2500 opere tra dipinti, disegni e incisioni). La narrazione antologica è accompagnata dall'approfondimento sul metodo di lavoro di Hopper - estremamente complesso e rigoroso - grazie all'accostamento dei disegni preparatori alle opere finite. Questa visione svela quanto il "realismo hopperiano" sia spesso il frutto di una sintesi di più immagini e situazioni colte in tempi e luoghi diversi e non una semplice riproduzione dal vero. Suddivisa in sette sezioni, la monografia ripercorre tutta la produzione di Hopper dagli anni di Parigi (con il capolavoro di questo periodo Soir Bleu) fino al periodo "classico" e più noto degli anni trenta, quaranta e cinquanta, con opere come Cape Cod Sunset, Second Story Sunlight e A Woman in the Sun.

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4 di 5 su 2 recensioni

Mostra di Edward Hopper a Milano e RomaDi m. roberto-24 luglio 2010

La mostra di Edward Hopper in Italia, sia a Milano sia a Roma, hanno il proprio catalogo in questo libro del curatore della mostra Carter Foster. Il catalogo raccoglie interventi che caratterizzano l’opera di Hopper soprattutto per segmenti classici per i suoi dipinti, come quello di Gofredo Fofi che lo esamina in rapporto al cinema e alle influenze reciproche. La mostra è parziale in quanto raccoglie i dipinti provenienti da un unico museo americano: quello di Whitney Museum of American Art di New York. Mancano ad esempio il bellissimo “Nottambuli”. I dipinti di Hopper sono dei classici, dei punti fermi nel nostro conosciuto. Basti guardare le copertine dei libri e vedere quanto popolari sono le opere di Hopper. I personaggi dei suoi quadri sono uno o due, non c’è assolutamente la folla. Sono tutti in rapporto con la casa, l’edificio, il luogo dove sono ripresi. Fermi, immobili, non sono in posa, stanno compiendo una azione e sono ripresi nell’istante, nel loro pensiero e in quel pensiero sono immobilizzati. Non sembrano mai dei pensieri neutri, sono riconosciuti da tutti come esempi di solitudine. Quadri semplici di “sconcertante semplicità”, tutti con una visione umana, con uno scorcio, uno sguardo gettato istintivamente attraverso una finestra, una vetrata. Il mondo che si vede per un momento lo comprendiamo e lo mettiamo in relazione con i nostri pensieri, e da questo emerge la nostra di solitudine oltre dei personaggi che scrutiamo. Quando camminiamo per strada, il nostro sguardo è sempre ad ‘’altezza d’uomo’’ ma la città è la nostra città. Siamo noi stessi che ci vediamo. La città non è un luogo pieno di luci e di gente in veloce movimento. Oltre i singoli e sparuti personaggi ci sono delle case, degli scorci di edifici altrettanto solitari e persi. La sua è una pittura di archittetura, case, pietre, terrazzi, stazioni di gas e altrettanti solitadi fari. Non c’è una differenza fra gli esseri umani e le loro case, entrambe fanno parte di un mondo minimalista ma uguale. Queste antiche case vittoriane sono come le donne in piedi, sedute, erotiche sole, al massimo con una sigaretta in mano ma tanti pensieri sulla testa.

Il tempo, i tempi di un artistaDi P. Pierluigi-5 marzo 2010

Veloci impressioni velocemnte trascritte. Una rara occasione di culturale sigla nel momento di 'stato delle arti' della scena contemporanea. L'artista americano, tra Milano e Roma la staffetta, la possibilità di godere e poter 'inspirare' le sue luci (abbiamo avuto saggi trasversali di ispirazione ad esso, ad esempio in un autore cinematografuico attento come A Kaurismaki, 'Le luci della sera', l acidità dei colori, facile da rinvenire, quasi un d'après in certe tele del pittore così anomallo dell american scene, e le sospensioni esistenzial-temporali, gli spazi aperti all incombere dell'evento, della Storia, in una densa e live al contempo metafsica del quotidiano, et cetera),il tratto ad olio lento, corposo, che sussume tutta la tragicità della humana conditio. Un autore che va ben oltre il suo tempo, proprio dentro la sua epoca, ad intra, ricerca, dialoga con sè e con la distanza, con la realtà e la sua percepibilità. E con la femminlità. Mocassini ai piedi di ragazze nude e che guardano, assente in loro la cecità autocastrante di una procurata intensificazione del narciNismo, per usare il termine psicoanalitico di recente conio. Purtroppo la 'moda Hopper' è esplosa, e ovviamente passerà, questa navigazioen di Hopper in stile contemporaneo, flsa e falsata non lascerà umida traccai in chi non può capire. E chissà R Barthes cosa ne direbbe, sempre così tranchant lui..., e certo l artista non era noto quando le sue tele sfavillavano, mansuete nei ritratti e nella narrazione dell America ( facile l accostamento ad un Carver o Bukowski, per esempio quello del componimento "Bar stool", forse troppo facile, ma non sempre phisys kriptesthai philei) nelle sale del Art Institute of Chicago, o del Withney Museum of AMerican art, di N York, qui godevamo quel lunghissimo racconto in "stile Steinbeck" che è Early Sunday Morning, talora sono lampanti, e di un abbacinante candore, le possibilità di scoperta e rispoperta di sè. Un' America, nell'inimitabile umanità tratto del maestro, che non si sa, non si sente, non si dice. Ora la possiamo (ri)vedere, o (ri)conoscere, platonicamente... o no. Un'America non gradassa o drogata, non svuotata...,e non pioniera se non diversamente tale...L'America mai raccontata veramente, o non ascoltata quasi mai. Buona mostra. Pierluigi Pettorosso