Dove passa il confine? Sul divieto di analogia nel diritto penale di Massimo Vogliotti edito da Giappichelli
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Dove passa il confine? Sul divieto di analogia nel diritto penale

Editore:

Giappichelli

Data di Pubblicazione:
1 ottobre 2011
EAN:

9788834819296

ISBN:

8834819292

Pagine:
168
Formato:
brossura
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Descrizione Dove passa il confine? Sul divieto di analogia nel diritto penale

Il tramonto della modernità giuridica anche sulla cittadella penale esige un non facile rinnovamento della mappa teorica e degli strumenti operativi del penalista. Tra i pilastri che vacillano, spicca il divieto di analogia, una delle categorie fondamentali concepite durante la stagione illuministica per dare corpo al progetto garantistico della modernità. Secondo quel progetto, il divieto di analogia avrebbe dovuto assicurare al legislatore (mitico rappresentante della volontà generale) il monopolio in criminalibus, impedendo imprevedibili dilatazioni della ragnatela penale a tutela della libertà di autodeterminazione dell’individuo.
Com’è noto, da tempo i presupposti teorici di quel progetto sono stati contestati in maniera ferma e convincente dall’ermeneutica e dalla filosofia del linguaggio pragmaticamente orientata. In ambito giuridico, fin dal saggio del 1965 Analogia e natura della cosa, Arthur Kaufmann ha mostrato la natura analogica dell’essere del diritto (dell’ontologia giuridica) e dell’interpretazione, facendo cadere il confine – che ancora viene tracciato dalla dogmatica penalistica tradizionale – tra analogia (vietata) e interpretazione estensiva (ammessa dai più).
Alla luce di queste coordinate teoriche e con l’ausilio di esempi tratti dalla casistica giurisprudenziale, il saggio di Massimo Vogliotti, docente di “Filosofia del diritto” presso l’Università del Piemonte Orientale, si propone di ripensare il problema (tutto moderno) del divieto di analogia, con l’intenzione di porre su basi più solide i valori per la cui tutela il penalista moderno aveva concepito quel divieto. Per ottenere questo risultato, però, occorre, preliminarmente, rivisitare i valori che giustificano il divieto di analogia, ridefinendoli sulla base delle trasformazioni della scena giuridica contemporanea e liberandoli dell’illusione – figlia della moderna adozione del metodo descrittivo, veritativo e oggettivante delle scienze teoretiche – di inseguire impossibili certezze. A tal fine, utili suggerimenti vengono dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, recentemente innalzata – dalla nostra Corte costituzionale – a parametro di legittimità delle leggi.

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