La divina foresta di Giuseppe Bonaviri edito da Sellerio Editore Palermo

La divina foresta

Collana:
La memoria
A cura di:
S. S. Nigro
Data di Pubblicazione:
10 luglio 2008
EAN:

9788838922527

ISBN:

8838922527

Pagine:
181
Formato:
brossura
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Trama La divina foresta

La pubblicazione della "Divina foresta" (1969) fu propiziata da Giorgio Caproni, con un suo dettagliato parere di lettura: "Una suggestiva historia naturalis ambientata in una remotissima Sicilia agli albori della creazione, è il tema, svolto in chiave tra lucreziana e, al limite opposto, perfino kipliniana, di queste pagine che il lettore, da un capo all'altro, segue con mai rallentato interesse e, diciamolo pure, con innegabile incanto poetico. Protagonista è la vita stessa, o, per meglio dire, è un'entità vivente e "cogitante" dapprima indeterminata nella propria larvale forma e quindi, dopo una breve stagione vissuta vegetalmente, sotto la definitiva specie d'un avvoltoio e precisamente d'un filosofico avvoltoio, che nulla ha in sé della ferocia che il nome evoca ma che anzi è nutritissimo di classica saggezza (la greca in primo luogo) e che a suo modo disegna nell'arco della propria avventura (la perdita della compagna lo spinge, fino all'estenuazione, alla ricerca d'un messaggio iperuranico oltre i confini dell'isola d'oro, oltre gli oceani e addirittura verso l'irraggiungibile luna, in un alternarsi di roventi esaltazioni e di nere ipocondrie che rasentano le più moderne nevrosi) l'arco della nostra umana inquietudine di fronte al nostro stesso esistere e morire".

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5 di 5 su 2 recensioni

Le metamorfosi dell'esistenza.Di M. Calogero-9 maggio 2011

Questo romanzo, unico nel suo genere, narra dell'esistenza e delle sue metamorfosi. Con chiari riferimenti alla concezione orfica, secondo la quale la vita altro non è che un susseguirsi di metempsicosi, Bonaviri narra questa storia naturale partendo dal vuoto cosmico, passando per una pianta di borragine, fino a trasformare il protagonista in un avvoltoio spinto dall'amore verso la luna. Condotto con la lingua misterica, complessa e antica dello scrittore di Mineo, questo libro è probabilmente il suo capolavoro. Da non perdere.

Un poema biologicoDi M. Renzo-13 febbraio 2009

Non è facile scrivere di un libro come La divina foresta, perché tutto in esso è fuori dai canoni correnti. Lo si potrebbe anche interpretare in diversi modi, come un testo poetico e di poesia lì ce n'è tanta, ma non si tratta di versi sapientemente accostati per creare una composizione armonica, bensì di una prosa caratterizzata da soluzioni e da ritmi che sono propri della poesia, un insieme di elementi che fanno di questo testo un'opera unica e di indubbio elevato valore. Non è solo la capacità creativa che stupisce e affascina, ma anche quella sottile vena di mistero che permea tutto il romanzo, con un susseguirsi di divenire, di modificare, di proporre nuovi quesiti dopo che già sembra di aver avuto adeguate risposte alle domande che inevitabilmente il lettore finisce con il porsi. E'una scrittura immaginativa e non a caso il libro entusiasmò Italo Calvino, con quel sorgere della vita in un mondo primordiale descritta con una fantasia dall'efficacia sorprendente, e con una serie di successive metamorfosi che richiama alla memoria, pur nelle loro differenze, la famosa opera di Ovidio. Se l'aspetto interpretativo non può essere univoco, di rilevante e uniforme giudizio è invece quello stilistico, in cui la ricerca del linguaggio ha caratteristiche svariate, che vanno dall'uso di descrizioni che si potrebbero definire addirittura tridimensionali all'aspetto fonetico delle parole, il tutto finalizzato a creare un irripetibile equilibrio ritmico di prosa poetica (del resto non è un caso se aveva suscitato in Giorgio Caproni tanto entusiasmo in un suo parere di lettura). La vicenda di un magma inconsistente che si apre alla vita, prima indefinibile, poi vegetale, trasformandosi infine in un avvoltoio trova un'esatta definizione in quel poema biologico che proprio Calvino ebbe a riscontrare leggendo il libro. Sarebbe tuttavia limitativo pensare solo che Bonaviri abbia inteso darci una sua personale visione della creazione e dell'evoluzione della vita, perché secondo me l'opera presenta altre interpretazioni, non in contrasto fra loro, che non possono che nobilitare ulteriormente il lavoro dello scrittore di Mineo. Fra queste non di certo trascurabili sono le riflessioni filosofiche che ogni tanto emergono nel linguaggio di vegetali e di animali, un porsi il perché dell'esistenza in specie minori che presenta il vantaggio di semplificare i loro ragionamenti a tutto beneficio del lettore. Del resto la vicenda dell'avvoltoio che ricerca l'amore fuggito, spingendosi oltre ogni confine, cercando di arrivare alla luna (le descrizioni al riguardo sono semplicemente eccezionali) sembra la metafora dell'uomo che tenta dalle origini di scoprire se stesso, senza mai riuscirci completamente. Ma l'opera è aperta anche ad altre interpretazioni che le successive riletture sono in grado di far emergere, proprio come in un lavoro poetico di indubbio grande valore. Ho riscontrato, fra l'altro, un rispetto profondo per la natura, quel senso del far parte di qualche cosa che dall'infinitesimo al più grande non ci appartiene, ma che ci ospita in un disegno apparentemente caotico, la cui perfezione tuttavia esclude la capacità dell'umano comprendere, a cui è consentito solo di scoprire leggi fisiche senza capirne i motivi se non cercando, con un percorso intimo trascendente, di arrivarvi, senza tuttavia riuscirci. Mi pare superfluo aggiungere che questo libro è senz'altro raccomandabile, ma lo faccio perché Giuseppe Bonaviri è un autore poco conosciuto al grande pubblico, benché le sue opere possano incontrarne i favori anche per la considerevole gradevolezza della lettura.