Controrisorgimento. Il movimento filoestense apuano e lunigianese di Nicola Guerra edito da Eclettica
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Controrisorgimento. Il movimento filoestense apuano e lunigianese

Editore:

Eclettica

Data di Pubblicazione:
1 gennaio 2009
EAN:

9788890416804

ISBN:

8890416807

Pagine:
135
Formato:
brossura
Argomento:
Storia contemporanea dal 1700 al 1900
Acquistabile con la

Descrizione Controrisorgimento. Il movimento filoestense apuano e lunigianese

Questo studio, basandosi su fonti di archivio e pubblicazioni dell'epoca, prende in esame, nel territorio corrispondente all'attuale provincia di Massa Carrara, gli eventi e le condizioni sociali successive alla presa di potere sabauda del 1859. Il quadro che emerge si dimostra da subito complesso ed articolato evidenziando una situazione sociale e politica ben lontana dalla collettiva sollevazione popolare filounitaria spesso narrata. È presente, infatti, una reazione filoestense, determinata da scelte e comportamenti individuali e collettivi, che assume i tratti tipici di un movimento di resistenza e di un fenomeno di volontariato militare. L'inquadramento di tali eventi all'interno del dibattito storiografico nazionale porta l'autore a formulare e rispondere ad un chiaro interrogativo: il Risorgimento fu moto di unificazione nazionale, rivoluzione mancata o guerra civile?

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5 di 5 su 1 recensione

Novità storiograficaDi Z. Simone-22 giugno 2009

Ci sono eventi, in tutte le epoche, che la storiografia ufficiale trascura per lungo tempo perché difficilmente integrabili in una verità storica data per assodata...- Già dalle prime righe dell'introduzione alla sua ricerca, "Controrisorgimento, il movimento filoestense apuano e lunigianese", appare chiaro lo scopo del libro del giovane studioso massese Nicola Guerra, scopo che egli stesso chiarisce poco dopo: far luce sull'opposizione al Risorgimento avvenuta nella nostra provincia all'indomani della sua annessione al Piemonte. Lo studio di Guerra si presenta come un serio e documentatissimo lavoro condotto con criteri scientifici, quindi del tutto imparziale. Però, o forse proprio per questo, rappresenta di fatto una coraggiosa opera di revisionismo storico, in quanto abbatte pezzo per pezzo importanti dogmi dell' epopea risorgimentale costruiti ad arte dai vincitori filo-sabaudi e mai fino a questo momento analizzati criticamente. E lo fa, come già detto, alla luce di numerosi documenti, reperiti principalmente all'Archivio di stato di Massa. Che il Risorgimento non sia stato soltanto un movimento di popolo e che le varie annessioni piemontesi non si siano avute solo all'insegna di allegri sventolii di tricolori è cosa ormai accettata persino dalla storiografia d'accademia, ma, almeno per quanto riguarda il centro-nord Italia, si è troppo a lungo taciuto ad esempio sulle persecuzioni politiche e giudiziarie subite da molti nostalgici dei regimi pre-unitari. Come rileva giustamente Guerra, dopo la ritirata delle truppe estensi da Massa e Carrara la "caccia al legittimista" aperta dai commissari politici, portò a così tanti arresti da causare in pochi mesi problemi di sovraffollamento al carcere cittadino ! A ciò si arrivò attraverso l'instaurazione di un regime non sempre garantista, che aveva nello spionaggio uno strumento importante, il quale coinvolgeva soprattutto bottegai e venditori, i quali erano spesso tenuti a riferire se i clienti si lasciassero andare a o meno a esternazioni filo-estensi o anti-italiane. Le spese per mantenere l'apparato spionistico arrivarono in poco tempo a costituire una voce importante del bilancio uscite (sic). I documenti reperiti dal Guerra rivelano come il nuovo governo abbia privato il popolo degli elementari diritti politici e di espressione. I numerosi arresti sommari infatti riguardavano spesso meri reati d'opinione. A titolo di esempio: nel 1859 tale Giò Tartarici del Cinquale venne arrestato perché, udito rimproverare il figlio che gridava "W l'Italia", l'avrebbe invece spinto a gridare "abbasso l'Italia" Ma queste imposizioni anti-liberali rivelano un aspetto fondamentale e volutamente trascurato dalla tradizione storiografica dominante: il grande consenso che avevano nella nostra attuale Provincia, presso tutti gli strati sociali, il governo estense ed il Duca Francesco V. Nel corso dei mesi, e ancora durante tutto il 1860, si susseguiranno proteste e veri e propri atti di sabotaggio contro l'occupante piemontese. Moltissimi sono stati (altro elemento per troppo tempo taciuto) gli esuli apuani che sono emigrati, ad esempio nel Veneto austriaco, magari con l'intera famiglia, per non accettare il nuovo governo. Essi sono stati spinti a ciò in parte dalla fedeltà alla Casa d'Austria-d'Este, in parte, ed oltre a ciò, dal fatto che la vita nel nuovo stato non era certo facile per chi aveva fama di essere o essere stato filo-estense: queste persone spesso non ottenevano neanche il permesso di avviare un'attività lavorativa. L'emigrazione diventava allora un'esigenza, anche se come già detto ad emigrare furono prevalentemente volontari, che spesso continuarono la lotta legittimista nell'esercito estense di stanza in Veneto, che rimase operativo fino al 1863 e si sciolse solo in seguito ad un preciso ordine austriaco. Simone Ziviani