Conta le stelle, se puoi di Elena Loewenthal edito da Einaudi

Conta le stelle, se puoi

Editore:

Einaudi

Collana:
I coralli
Data di Pubblicazione:
11 novembre 2008
EAN:

9788806194512

ISBN:

8806194518

Pagine:
263
Formato:
brossura
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Trama Conta le stelle, se puoi

Moise Levi ha solo ventitré anni la mattina di fine estate in cui lascia Fossano portandosi dietro un carretto di stracci. Vuole andare a Torino a far fortuna, e non può immaginare che quello sia solo l'inizio di una lunga storia. Perché Moise possiede un fiuto eccezionale per gli affari e per i sentimenti: darà il via a una florida ditta di commerci nel ramo tessile, e avrà due mogli, sei figli e un'infinità di nipoti sparpagliati ai quattro angoli del mondo. Dopo la grande guerra mondiale e quel "brutto spettacolo" della marcia su Roma, finalmente la vita di tutti ha ripreso il suo corso. Meno male che nel 1924 a quel "brutto muso di Mussolini" gli è preso un colpo secco, altrimenti la storia di nonno Moise e della sua discendenza sarebbe stata molto diversa. Invece la famiglia Levi - con i suoi amori e i suoi affanni, i suoi commerci e le sue tribolazioni, le grandi cene di Pasqua e i lunghi silenzi delle stanze chiuse - diventa sempre più numerosa nella casa di via Maria Vittoria, costruita proprio lì dove una volta c'era il ghetto e adesso non c'è più. Elena Loewenthal non ha riscritto la Storia all'incontrario: ha provato piuttosto a mettere la vita al centro, dove la morte ha cancellato tutto. Ha lasciato scorrere la quotidianità dell'esistenza, con la sua allegria e la sua insensatezza, per vedere come le gioie e le fatiche di ogni giorno possano fondersi "in una cosa sola che non è troppo distante dalla felicità".

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5 di 5 su 2 recensioni

Una grande famigliaDi M. MARA-7 giugno 2009

Mi ha sempre commosso l'immagine di D-o Padre nella tradizione ebraico-cristiana che conduce all'aperto Abram, figlio dubbioso, e: "Guarda in cielo e conta le stelle, se puoi" e "Tale sarà la tua discendenza". Elena Loewenthal ha voluto intitolare il suo ultimo romanzo con la frase-invito del Signore ad Abram per invitarei lettori all'incontro con una storia nella quale utilizzando, per un verso, nomi e luoghi tratti dal passato vero, ella ha sviluppato una vicenda come se "non fosse successo quello che è successo". Poiché "la Shoah non sta dentro, sta fuori dalla nostra storia. E'silenzio di morte, invece che vita e parole". Ella ha narrato la Storia non senza i morti, ma, in qualche modo, insieme con loro; ha messo cioè la vita al centro, dove la morte ha cancellato ogni cosa. Per un altro verso, poi, è ricorsa alla finzione letteraria di piegare altri dati ed eventi alla narrazione e ha dato così corpo ad una saga familiare, simbolo di tante famiglie ebraiche, svanite nel nulla delle camere a gas e dei forni crematori. Quella grande umanità senza la quale siamo tutti più poveri. Ne è nato un romanzo di grande originalità, di profonda tenerezza e suggestione. Per non privare il lettore della gioia della scoperta, non racconterò gli avvenimenti principali; mi limiterò a seguire i primi passi del protagonista: Moise Levi, detto Moisìn, poi, nel prosieguo del tempo, divenuto nonno Moise. Moise Levi è un giovane ebreo di ventitre anni che, una mattina di fine estate 1872, proprio a ridosso delle Grandi Feste, lascia la natìa Fossano, portando con sé solo un carretto di stracci. E' diretto a Torino, vuol far fortuna; e infatti, negli anni, darà vita ad una fiorente azienda di commercio nel capo tessile. Avrà due mogli, sei figli, un ragguardevole numero di nipoti e bisnipoti sparsi per il mondo. Terminata la Prima Guerra Mondiale e dopo il brutto spettacolo della marcia su Roma, nel 1924 a Mussolini, capita qualcosa grazie al quale la vita della famiglia Levi può proseguire tranquilla nella sua normalità, con le gioie e i problemi quotidiani. Il tono e lo stile dell'A.sono carichi di ironia e suggestione, come quando, per contrappasso, carica il 1938, l'annus horribilis delle Leggi Razziali, di eventi positivi, come il termine del Mandato britannico sulla Palestina e la nascita dello Stato di Israele ; nonché l'abdicazione, in favore della Repubblica, di re Vittorio Emanuele III. Di proposito non è fatto cenno delle tragiche vicende che sconvolsero in seguito ilmondo, anche se, qua è là, qualcosa, chi scrive, le lascia intuire, immaginare, ricorrendo a toni sarcastici. In Italia ci sono talmente tanti ebrei che non li si conta più!dice un personaggio, verso la fine. Questo, in estrema sintesi, il significato del romanzo, il suo messaggio: essere tanti di più, di quanti l'orrore ha ghermito. Infine Torino, luogo natale della scrittrice, è anch'essa interprete della storia, non si accontenta di fare da sfondo: essa cambia con il trascorrere dei tempi e delle generazioni. Elena Loewenthal segue i suoi personaggi, istante dopo istante, con affetto, facendoli parlare in un giudeo-piemontese limpido e carico di simpatia: Ròbe d' laut olam! è un'espressione colorita tra le tante. Narrata quasi sottovoce, è una storia di casa che senti subito tua, a ragione apprezzata da pubblico e critica: il romanzo infatti è uno dei 5 finalisti del Premio Campiello, giunto quest'anno alla XLVII edizione.

Una storia inventata, ma veraDi M. MARA-7 giugno 2009

Mi ha sempre commosso l'immagine di D-o Padre nella tradizione ebraico-cristiana che conduce all'aperto Abram, figlio dubbioso, e: "Guarda in cielo e conta le stelle, se puoi" e "Tale sarà la tua discendenza". Elena Loewenthal ha voluto intitolare il suo ultimo romanzo con la frase-invito del Signore ad Abram per invitarei lettori all'incontro con una storia nella quale utilizzando, per un verso, nomi e luoghi tratti dal passato vero, ella ha sviluppato una vicenda come se "non fosse successo quello che è successo". Poiché "la Shoah non sta dentro, sta fuori dalla nostra storia. E'silenzio di morte, invece che vita e parole". Ella ha narrato la Storia non senza i morti, ma, in qualche modo, insieme con loro; ha messo cioè la vita al centro, dove la morte ha cancellato ogni cosa. Per un altro verso, poi, è ricorsa alla finzione letteraria di piegare altri dati ed eventi alla narrazione e ha dato così corpo ad una saga familiare, simbolo di tante famiglie ebraiche, svanite nel nulla delle camere a gas e dei forni crematori. Quella grande umanità senza la quale siamo tutti più poveri. Ne è nato un romanzo di grande originalità, di profonda tenerezza e suggestione. Per non privare il lettore della gioia della scoperta, non racconterò gli avvenimenti principali; mi limiterò a seguire i primi passi del protagonista: Moise Levi, detto Moisìn, poi, nel prosieguo del tempo, divenuto nonno Moise. Moise Levi è un giovane ebreo di ventitre anni che, una mattina di fine estate 1872, proprio a ridosso delle Grandi Feste, lascia la natìa Fossano, portando con sé solo un carretto di stracci. E' diretto a Torino, vuol far fortuna; e infatti, negli anni, darà vita ad una fiorente azienda di commercio nel capo tessile. Avrà due mogli, sei figli, un ragguardevole numero di nipoti e bisnipoti sparsi per il mondo. Terminata la Prima Guerra Mondiale e dopo il brutto spettacolo della marcia su Roma, nel 1924 a Mussolini, capita qualcosa grazie al quale la vita della famiglia Levi può proseguire tranquilla nella sua normalità, con le gioie e i problemi quotidiani. Il tono e lo stile dell'A.sono carichi di ironia e suggestione, come quando, per contrappasso, carica il 1938, l'annus horribilis delle Leggi Razziali, di eventi positivi, come il termine del Mandato britannico sulla Palestina e la nascita dello Stato di Israele ; nonché l'abdicazione, in favore della Repubblica, di re Vittorio Emanuele III. Di proposito non è fatto cenno delle tragiche vicende che sconvolsero in seguito ilmondo, anche se, qua è là, qualcosa, chi scrive, le lascia intuire, immaginare, ricorrendo a toni sarcastici. In Italia ci sono talmente tanti ebrei che non li si conta più!dice un personaggio, verso la fine. Questo, in estrema sintesi, il significato del romanzo, il suo messaggio: essere tanti di più, di quanti l'orrore ha ghermito. Infine Torino, luogo natale della scrittrice, è anch'essa interprete della storia, non si accontenta di fare da sfondo: essa cambia con il trascorrere dei tempi e delle generazioni. Elena Loewenthal segue i suoi personaggi, istante dopo istante, con affetto, facendoli parlare in un giudeo-piemontese limpido e carico di simpatia: Ròbe d' laut olam! è un'espressione colorita tra le tante. Narrata quasi sottovoce, è una storia di casa che senti subito tua, a ragione apprezzata da pubblico e critica: il romanzo infatti è uno dei 5 finalisti del Premio Campiello, giunto quest'anno alla XLVII edizione.