Chadzi-Murat di Lev Tolstoj edito da Voland

Chadzi-Murat

Editore:

Voland

Traduttore:
Nori P.
Data di Pubblicazione:
1 gennaio 2010
EAN:

9788862430654

ISBN:

8862430655

Pagine:
208
Formato:
brossura
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Trama Chadzi-Murat

Nel 2010 la casa editrice Voland compie 15 anni di attività e lancia per l'occasione la nuova collana Sírin Classica, dedicata ai grandi autori russi tradotti da importanti scrittori italiani. In questo romanzo pubblicato postumo nel 1912, tradotto in questa edizione da Paolo Nori, Tolstoj fa rivivere il Caucaso, un mondo innocente e violento insieme, bestiale e divino, un mondo incontaminato. E qui ritrova Chadzi-Murat, che abbandona i suoi compagni, impegnati nella lotta contro la tirannide dello Zar, e passa al nemico russo. Una scelta senza ritorno che lo condurrà a una morte tragica e solenne, rifiutato dagli amici come dai nemici. La lotta tra Ceceni e Russi raccontata da Tolstoj si imprime nella memoria con immagini e sensazioni che rimandano all'attualità più recente: villaggi distrutti, donne che piangono sul corpo dei figli uccisi, e l'odio sordo dei Ceceni verso gli oppressori russi.

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4 di 5 su 2 recensioni

Divorato tutto d'un fiatoDi m. Christian-17 maggio 2012

Racconta della sorte di un condottiero caucasico e delle sue perplessità a schierarsi sia con i russi sia con i ceceni. Un avvenimento di guerra in cui Tolstoj, con scrittura profonda e lirica, dispiega la sua teoria relativa alla non-violenza, raccontando le atrocità del conflitto, rendendoci partecipi delle tragedie degli uomini che ne muoiono e che ne hanno da soffrire, paragonati ai comandanti (fino al grado massimo, come lo zar, impietosamente descritto) , dipinti in tutta la loro negatività. Le immagini che riporta e gli episodi che descrive si marchiano nella mente con la loro strepitosa bellezza.

Chadzi MuratDi S. Silvia-21 febbraio 2011

Dall'alba al tramonto, giovinezza e vecchiaia messe a confronto sullo stesso marciapiede con i muri comunicanti e in mezzo la vita che passa, che è passata, che passerà. Bellissimo romanzo breve, scritto da Tolstoj con scrittura limpida e con toni spesso lirici e toccanti, tra il 1896 e il 1902, pubblicato postumo nel 1912 su decisione dello stesso scrittore. Il titolo originario voluto da Tolstoj era "La lappola", che è una pianta che cresce lungo i fiumi, ricoperta di peluria pungente, una pianta che, anche se calpestata, non si abbatte ma tenacemente resiste e si erge sul suo stelo, seppur duramente colpita. Chadzi Murat, contadino combattente ceceno la cui vita è stata costellata da eventi tragici che hanno colpito i suoi affetti più cari, può essere paragonato alla tenace erba che non si arrende. Egli per vendicare chi gli era caro, abbandona i suoi compagni nei combattimenti in corso sulle montagne del Caucaso per passare dalla parte dei russi. Questa decisione porta come conseguenza il suo isolamento: egli rimane solo, con i pochi fedeli seguaci che lo venerano per la lealtà e il coraggio, divenuto ormai un traditore per il suo popolo e visto comunque come un nemico dai russi ai quali si è affidato. Chadzi Murat è un guerriero coraggioso che combatte senza perdere mai la sua umanità e la sua grandezza d'animo, che anzi alla fine saranno proprio la causa della rovina. La sua figura si erge al di sopra degli ufficiali russi, del ministro russo della guerra, un ometto vestito all'ultima moda che prima di essere ricevuto in udienza dallo zar si specchia di nascosto aggiustandosi il ciuffo, e dello stesso zar Nicola I, del quale Tolstoj dà un'immagine del tutto negativa: un inetto che maschera la propria incapacità di governare con la crudeltà e la violenza fini a sé stesse. Soprattutto le parole dedicate da Tolstoj a quest'ultimo sono state la causa della censura che colpì il romanzo al momento della pubblicazione. Sono parole universali, valide in ogni tempo ed in ogni luogo, per descrivere gli effetti devastanti che il potere produce nell'uomo: "La continua, aperta, ripugnante adulazione degli uomini che lo circondavano l'aveva condotto al fatto che non vedeva ormai le proprie contraddizioni, che non conformava più le proprie azioni e le proprie parole alla realtà, alla logica e perfino al semplice buon senso, ma era pienamente convinto che tutte le sue disposizioni, per quanto fossero insensate, ingiuste e in disaccordo tra loro, diventassero sensate, e giuste, e in accordo tra loro solo perché le aveva date lui".