La casa nel vicolo di Maria Messina edito da Sellerio Editore Palermo

La casa nel vicolo

Data di Pubblicazione:
2 luglio 2009
EAN:

9788838924026

ISBN:

8838924023

Pagine:
191
Formato:
brossura
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Trama La casa nel vicolo

Tre racconti pubblicati lo scorso anno in questa collana (Casa paterna) hanno richiamato su Maria Messina, scrittrice di cui nel giro di un cinquantennio si era del tutto perso il ricordo, l'attenzione dei lettori e dei critici. Apprezzata da Verga, con cui intrattenne una devota corrispondenza; recensita come scolara del Verga" da Borgese, la Messina è da accostare, piuttosto, al Pirandello dell'Esclusa e di tante novelle che oggi si possono approssimativamente definire "femministe": quelle cioè attente, vibranti di commossa partecipazione pur nella registrazione realistica, alla condizione femminile in Sicilia qual era fino agli anni della seconda guerra mondiale. La ripubblicazione di questo romanzo (edito da Treves nel 1921), darà, crediamo, una piena conferma della qualità della scrittrice e darà misura dell'ingiustizia di averla - critici e storici della letteratura italiana dimenticata". Leonardo Sciascia (1982)

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4 di 5 su 2 recensioni

La casa nel vicoloDi r. Travis-11 agosto 2011

Tremenda l'immagine della donna siciliana che ne esce fuori, donne recluse in case in penombra, che trascorrono le giornate facendo mille cose eppure invisibili agli occhi del mondo; senza riposo, senza svaghi, senza altre occupazioni che non siano la pulizia della casa, il cucito, la preparazione dei pasti e l'accudire figli e uomini di casa. Una vita abituale e abitudinaria per tante donne siciliane tra l''800 e il '900, che la Messina ritrae con occhio attento e spirito vagamente femminista. Le donne ma nemmeno i figli adolescenti non devono ingombrarsi il cervello di romanzacci (qui parliamo dell'Ortis foscoliano) , le donne vanno custodite e formate dagli uomini, in modo che siano docili, semplici, ignoranti, senza desideri. In questo clima terribile sono cresciute e vivono Antonietta e Nicolina Restivo, figlie del segretario comunale di Sant'Agata (Militello, data la vicinanza con la citata San Fratello), fin quando Antonietta va sposa al burbero e scostante Don Lucio Carmine, una specie di "faccendiere" diremmo oggi, che la porta a vivere in città assieme alla sorella minore Nicolina, a farle da aiuto fisico e da conforto spirituale. Da aiuto e conforto diventerà invece serva, a poco a poco, per la sorella e per il terribile cognato, il cui sguardo basta a gelare sia le due donne che i figlioletti e i cui passi nell'ingresso mettono in subbuglio tutta la casa. L'atmosfera è claustrofobica, anzi claustrale, solo un balcone che dà sul vicolo le unisce alla città (una città che l'autrice non nomina mai, ma che io immagino possa essere la mia Messina, data la citazione del Nettuno e della Palazzata affacciata sul mare, Palazzata andata praticamente distrutta nel terremoto del 1908 ma che la scrittrice deve aver fatto in tempo a vedere da ragazza, e il giornale locale dall'inequivocabile titolo Scilla e Cariddi) . Eppure, per Nicolina è meglio la vita in una casa soffocante, triste, dove tutto è malinconia e rancore, piuttosto che il ritorno a Sant'Agata o un futuro incerto che potrebbe essere solo causa di rimpianti. Dalla sua stanzetta angusta, da quella finestra rotonda come un occhio o come l'oblò di una nave, Nicolina guarda la vita che se ne va mentre lei è impegnata ad ottemperare alle maniacali regole del cognato, la pipa, la limonata col vino, i registri e le carte, le salsicce per Natale, il piatto di minestra fumante, il rito del pettinargli i pochi capelli come solo la cognata sapeva fare. La scrittura della Messina è sorprendente; una scrittura paragonata a quella di 268; echov o della Mansfield, una scrittura che indugia con pigrizia sonnolenta sui dettagli, e che eppure non lascia tregua, uno sguardo su oggetti, persone, sentimenti che poco ha da invidiare alle grandi voci femminili della prima metà del XX secolo. Non c'è via di scampo per le creature di questa scrittrice ingiustamente poco conosciuta; le loro strade si accartocceranno su se stesse senza sfogo, senza linearità, senza orizzonti se non quello, opprimente e vincolante, di un vicolo.

a casa nel vicoloDi O. Marco-10 novembre 2010

Un romanzo dimenticato che invece bisognerebbe ricordare. Innanzitutto per la sua bellezza narrativa, per lo stile limpido, puro, maturo, degno di verga e di Cechov. Per le pagine che sembrano non raccontare nulla, sembrano indigiare nei particolari minimi, ed invece scorrono implacabili attraverso gli anni, le vicende, i dolori, lasciandoti con il cuore che batte, la testa vuota, un forte senso di claustrofobia e tristezza. Una volta terminato sono dovuta uscire aprendere aria, a respirare, grata di tutto ciò che le donne in Italia hanno conquistato, prima di me, e quindi anche per me. Il romanzo è ambientato probabilmente a Messina e dintorni, nei primi anni del '900. In esso è descritta la vita della piccola borghesia, di quelle donne che (a differenza di molte eroine verghiane), non patiscono la fame e gli stessi, ma soffrono di ben altra fame: sono donne recluse e sottomese, che non devono pensare ma solo "essere docili, ignoranti, semplici, senza desideri". Antonietta viene data in moglie dal padre, fortemente indebitato, a Don lucio, il suo creditore, un uomo chiuso, temprato da una infanzia povera, incapace di generosità e tenerezza, tiranno nell'imporre le proprie abitudine e le proprie regola. La sorella minore di Antonietta, Nicolina, segue gli sposi con animo fiducioso, per un periodo. Finirà per rimanere lì, a fare la serva non pagata al cognato, la tata ai nipoti, a vivere una vita non sua, perennemente chuisa in quella casa triste, dove ogni svago è proibito, mal tollerato, soffocato. Dove si cammina in punta di piedi per non disturbare il padrone, dove persino due passi al sole sono un miraggio. Un romanzo denuncia della condizione femminile di allora , di voce per tutte quelle donne che vivevano totalmente dimenticate lì, tra quattro mura, tra i lavori d'ago, le gravidanze e le poppate, tra il brodo da preparare e i vestiti del marito da piegare. tante sono vissute in quelle prigioni silenziose, apparentemente senza violenza e patimenti, senza più un desiderio nell'anima. Consigliatissimo.