Betwen the lines
- Editore:
CLEUP
- Collana:
- Storia dell'arte e museologia
- A cura di:
- B. Codogno
- Data di Pubblicazione:
- 14 giugno 2013
- EAN:
9788867870813
- ISBN:
8867870815
- Pagine:
- 48
- Formato:
- brossura
- Argomenti:
- Alfabetizzazione, Singoli artisti, monografie d'arte
Descrizione Betwen the lines
Le opere di Beatrice Zagato parlano della storia degli uomini ma anche di quella delle cose. Zagato domina la materia: le sue stratificazioni ricordano l'intreccio della memoria. A volte il passato squarcia la tela: affiorano antiche sofferenze che Zagato amorevolmente ricuce, sutura, ricompone. Il suo procedimento artistico è medicamentoso. Allo stesso tempo ardito, impietoso. L'approccio alla tela sempre frontale, perentorio, assertivo: una tela non è che una tela, così Zagato la pulisce, toglie, strofina, scarta, dribbla e poi ritorna al materiale grezzo, senza orpelli, senza inganni. Non cerca mai una zona franca. Il colore è verità, è sostanza nel nome; e non mente. Segni nitidi senza alcun pretesto, solo l'urgenza della scarcerazione, perché il dolore lascerebbe delle tracce, ferite aperte e lacrime stagnanti. Con gesti semplici e decisi Zagato medica, cicatrizza l'urlo e lo inchioda - con certezza - che non possa scivolare fuori: il suo tempo è già stato, ora v'è quello della cura. Il processo creativo di Zagato è taumaturgico: la pittrice risarcisce, rianima, rifonde di vita il dolore, la paralisi. Il soffrire ha lasciato il suo segno ma è diventato canto. Le opere di Beatrice Zagato parlano della storia degli uomini ma anche di quella delle cose. Zagato domina la materia: le sue stratificazioni ricordano l’intreccio della memoria. Salgono in superficie grumi di significato, consistenze di pensiero.
A volte il passato squarcia la tela: affiorano antiche sofferenze che Zagato amorevolmente ricuce, sutura, ricompone.
Il suo procedimento artistico è medicamentoso. Allo stesso tempo ardito, impietoso. L’approccio alla tela sempre frontale, perentorio, assertivo: una tela non è che una tela, così Zagato la pulisce, toglie, strofina, scarta, dribbla e poi ritorna al materiale grezzo, senza orpelli, senza inganni. Non cerca mai una zona franca.
Allora, solo di fronte a quel vero, che non cede alla lusinga del dolore, interviene con determinazione di bianchi bianchi – e Burri le sorride – e gialli e rosa e marroni.
Il colore è verità, è sostanza nel nome; e non mentisce.
Come un’onda di colore – il mare è elemento spesso evocato; della sua potenza immaginifica Zagato racconta con pesci opalescenti come fossili o guizzanti d’oro – la materia si sovrappone e si piega, e si srotola in colla e carta e ancora spago e legno e chiodi e argenti e oro.
Segni nitidi senza alcun pretesto, solo l’urgenza della scarcerazione, perché il dolore lascerebbe delle tracce, ferite aperte e lacrime stagnanti.
Con gesti semplici e decisi Zagato medica, cicatrizza l’urlo e lo inchioda – con certezza – che non possa scivolare fuori: il suo tempo è già stato, ora v’è quello della cura.
Scacciato il chiodo, crocifisso il verbo, incollata la parola, la tela ora è di nuovo corpo vivo e ha la sua storia; e ha la sua memoria.
Il processo creativo di Zagato è taumaturgico: la pittrice risarcisce, rianima, rifonde di vita il dolore, la paralisi. Il soffrire ha lasciato il suo segno ma è diventato canto.
Estremamente interessanti questi lavori di Zagato, struggenti e poetici questi suoi componimenti medicamentosi.
E anche quando Zagato si confronta con il figurativo – sulla soglia di un recente processo di sperimentazione – l’approccio alla tela non è mai scontato: perché la tela volteggia, s’invola, s’alza, s’impenna e poi raccoglie il segno nella figura appena tratteggiata.
Ritorna anche in questo approccio più formale il bisogno di togliere, pulire, decantare e poi, unguento lenitivo, ritrovare la verità della figura: con sincerità commovente e disarmante.