Per l'alto mare aperto di Eugenio Scalfari edito da Einaudi

Per l'alto mare aperto

Editore:

Einaudi

Collana:
Super ET
Data di Pubblicazione:
30 agosto 2011
EAN:

9788806208332

ISBN:

8806208330

Pagine:
286
Formato:
brossura
Argomento:
Storia culturale e sociale
Acquistabile con la

Descrizione Per l'alto mare aperto

"Questo libro è la rivisitazione della modernità, da Montaigne e Cervantes fino a Leopardi e a Nietzsche, Descartes, Kant e Hegel, e ancora Tolstoj, Proust, Kafka e Joyce. Un'epoca durata quattro secoli, mai simile a se stessa, sempre in cerca di sperimentare il nuovo, di allargare il respiro delle generazioni, di modificare l'identità senza smarrire la memoria". Così Eugenio Scalfari riassume, nell'epilogo che chiude il libro, il suo viaggio attraverso la modernità, che tocca, con un approccio stilistico che sta tra l'analisi e il racconto, le varie fasi dei tempi moderni, dall'Illuminismo al Romanticismo, dalle avanguardie al nichilismo, dalla razionalità allo scatenarsi delle emozioni e degli istinti. "La modernità - scrive Scalfari - è stata sconfitta da una sorta di invasione barbarica, ma la storia non finisce, un'altra epoca nascerà come è sempre avvenuto finché l'homo sapiens riuscirà a guardare il ciclo stellato e a cercare dentro di sé la legge morale. A me questo viaggio dentro l'epoca è sembrato un sabbah, non di diavoli e di streghe, ma di anime e di stelle danzanti".

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4 di 5 su 1 recensione

Per l'alto mare apertoDi c. Giovanni-27 settembre 2011

Ammetto di non essere un gran sostenitore dello Scalfari giornalista, quest'ultimo lavoro ha il valore di una sintesi di tutto il suo pensiero, o meglio del suo viaggio intellettuale. Tuttavia Scalfari non dimentica la lezione e il metodo di un giornalista di razza, cioè inventarsi uno stile che catturi l'attenzione del lettore e lo convinca a farsi leggere mentre magari si trova in tram o alla fermata degli autobus, al mattino. Il che significa prima di tutto partire con un incipit brillante e capace di distribuire le carte senza annoiare. Qui è l'incontro con Diderot in carne e ossa, secondo i parametri del "conte philosophique", o come diremmo oggi del "metafictional novel". E poi via l'apparato di note, commenti, introduzioni, ecc. Anzi, è solo alla fine che ci rivela il problema e la finalità che si è posto nello scrivere il suo libro: "Volevo raccontare la modernità. Si può raccontare la modernità? " L'avesse dichiarato prima, forse avrebbe potuto allontanare o spaventare il lettore distratto. E invece il viaggio si è compiuto, anche noi abbiamo viaggiato con lui "per l'alto mare aperto" leggendo la sua analisi delle idee e delle opere che hanno costituito la civiltà dei moderni per quattro secoli: i grandi classici, i sistemi filosofici, i poeti, ecc. La sua tesi di fondo è chiara: quella civiltà è finita, ad essa seguiranno non già i postmoderni, ma gli antimoderni. I nuovi barbari? Scalfari non lo dice apertamente, ma lo fa capire. Una tesi pessimistica? Fotografa la realtà di oggi? E poi perché e come si è conclusa l'età dei moderni? Se ne può discutere, anche perché soprattutto al terzo quesito l'autore non dà molte risposte, quasi limitandosi a certificare il decesso peraltro non di oggi, ma ancor prima che terminasse il Novecento. In ogni caso si resta ammirati dalla prosa limpida e dalla profondità dell'esame critico dell'opera da lui realizzata. Dove come sa un bravo giornalista spesso la parola è lasciata alle fonti, ai documenti, ai testimoni. Sono da manuale certe sue parafrasi, certe sue citazioni, certe sue riscritture. Ma non è un manuale, attenzione! Né necessariamente un testo divulgativo. Non è una lettura facile come non era un giornale facile da promuovere "Repubblica" alle sue origini. Eppure i suoi lettori li ha trovati eccome. Così pure questo volume ha trovato e troverà i suoi lettori, tra quanti e non sono poi così pochi non rinunciano a un'idea della comunicazione letteraria come discussione, confronto di idee, in una parola "cultura". In conclusione l'esprit géometrique avrà pure i suoi limiti e avrà fatto il suo tempo, ma bisogna dargli atto che ancora tanto da dire e da insegnare per farci riflettere.