Action painting. Scritti sulla pittura d'azione di Harold Rosenberg edito da Maschietto Editore

Action painting. Scritti sulla pittura d'azione

A cura di:
M. Cianchi
Data di Pubblicazione:
1 Gennaio 2006
EAN:

9788888967295

ISBN:

888896729X

Pagine:
184
Formato:
brossura
Argomenti:
STORIA DELL'ARTE: STILI ARTISTICI, Pittura e tecniche della pittura
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5 di 5 su 1 recensione

Libro essenziale!Di c. mario-7 Agosto 2010

Questo libretto è per lo studioso di storia dell’arte contemporanea -e più specificamente di quella corrente straordinaria che fu l’Espressionismo Astratto americano- un oggetto il cui possesso risulta indispensabile, poiché è uno dei pochi modi che ha per poter leggere,tradotti in italiano, gli scritti di Harold Rosenberg, uno dei più grandi critici d’arte contemporanea del secolo scorso, il più importante (insieme a Clement Greenberg) per quanto riguarda la corrente americana. Basti pensare, infatti, che la famosa nozione di “Action Painting” venne introdotta nel dibattito artistico proprio da Rosenberg,in quel fondamentale saggio del ’52 qui opportunamente ristampato. Il volume si apre con una ottima introduzione di Marco Cianchi, una vera e propria piccola monografia molto illuminante per chi non conosce a fondo il pensiero del grande critico: scorrendo quelle righe, per esempio, si rimane sorpresi nello scoprire che, quando Rosenberg formulava l’identikit del pittore d’azione, non pensava a Pollock ma a De Kooning. Già solo questa scoperta induce a ripensare a quegli artisti ormai non solo storicizzati, ma addirittura mitizzati- e quindi,almeno in parte, banalizzati. A parte questo, l’introduzione di Cianchi permette di chiarire una questione molto importante. E cioè che la critica “esistenzialista” di Rosenberg, fondandosi sulla nozione di “atto”, nasce e si sviluppa autonomamente dalla filosofia esistenzialista di Heidegger o Sartre,che negli Usa del dopoguerra farà tanti proseliti. A dimostrazione dell’originalità del pensiero di Rosenberg, il primo saggio della raccolta consiste in uno scritto giovanile del ’32, “Le mutazioni dei personaggi nel dramma”, in cui la nozione di “atto”,che connoterà il suo esistenzialismo, è già al centro della sua speculazione . E il punto centrale delle teorie di Rosenberg, l’atto, è di una complessità e profondità mirabile. Non è il semplice agire spruzzando violentemente il colore sulla tela, e non è un momento tra i tanti; poiché esso invece è il momento, il momento per eccellenza,lo spazio temporale in cui la comunione tra l’artista e l’opera giunge al sommo grado;in cui,dal reciproco dialogo, soggetto e oggetto dell’azione giungono ad una unità totale e trasformante, trasformante per l’artista come per l’opera, che crescono e maturano all’unisono. Se l’atto ha una tale portata,essa può dispiegarsi solo nel momento in cui l’artista è consapevole di quello che sta avvenendo: il vero atto,dunque, non consiste in un rapimento dionisiaco,ma è il momento in cui l’artista mette in gioco tutto se stesso,coscientemente e metodicamente. Dunque, ecco spiegato il motivo per cui,secondo Rosenberg,il pittore d’azione per eccellenza è de Kooning: perché de Kooning è pittore dai tempi lunghi e ragionati,entro i quali egli prende piena coscienza di se stesso e dell’atto che sta compiendosi. Conseguentemente, il pittore d’azione non può che essere un disperato: l’atto deve essere forzatamente interrotto, e con esso la piena comunione a cui l’artista era giunto con la sua opera; tutto quello che verrà dopo, la vita nella sua quotidianità, non potrà che apparire frustrante. Il pensiero di Rosenberg ha dunque una forza, una complessità e una profondità inaspettate e seducenti, tanto che non si può che rimanere soggiogati dalla bellezza del testo. Uno degli esempi migliori di tale forza e originalità è dato senza dubbio dal magnifico saggio su Barnett Newman, in cui Rosenberg riesce a far rientrare uno dei pittori a prima vista più geometrici e razionali del novecento nei canoni del tipico action painter: ”Il fatto che i rettangoli di Newman sono forme reali e viventi significa che essi non possono essere realizzati attraverso calcoli esterni; ma che l’artista ci deve entrare dentro trasformando la loro indeterminatezza spaziale in una dimensione che si determina attraverso la pittura,nello stesso modo in cui si trattiene o si rilascia il respiro”. Anche nel caso di Newman, la tela è una arena in cui l’artista non riproduce, ma agisce e crea.