L' abitudine al sangue di Giorgia Lepore edito da Fazi

L' abitudine al sangue

Editore:

Fazi

Collana:
Le strade
Data di Pubblicazione:
12 febbraio 2009
EAN:

9788881129850

ISBN:

888112985X

Pagine:
295
Formato:
brossura
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Trama L' abitudine al sangue

II tuo futuro non è oggetto di discussione, né ora né mai. Il mese prossimo verrai avviato alla carriera militare: crollano così i sogni di Giuliano, figlio dell'imperatore di Bisanzio, posto dal padre a capo dell'esercito. Il giovane, incapace di sopportare la perdita di vite umane, la vista e l'odore del sangue, grazie anche all'amore della prostituta Eucheria troverà il coraggio di ribellarsi al ruolo impostogli. La vendetta paterna sarà feroce: Giuliano, ridotto a schiavo e torturato fin quasi alla morte, è rinnegato e rinchiuso in un monastero. Da qui ha inizio il lento percorso interiore del protagonista, il suo confronto con il dolore per la perdita della donna amata e l'abbandono da parte di Dio e del padre, fino al raggiungimento della pace nell'epilogo del romanzo.

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4 di 5 su 2 recensioni

L'abitudine al sangueDi L. Giuseppe-26 settembre 2011

Anzitutto va detto che questo non rientra a pieno nel genere del romanzo storico tout court: c'è indubbiamente il tentativo della scrittrice, appassionata di storia bizantina, di fornire l'immagine di quel che era quel lontano impero, caratterizzato da faide nella famiglia regnante con frequenti delitti particolarmente riprovevoli, quali il parricidio e il fratricidio, e in questo senso l'impostazione dell'opera assume i toni di una tragedia che richiamano opere di Shakespeare, in primis l'Amleto. E, come dice Giorgia Lepore nella mia intervista, questo è un romanzo di relazioni, fra padre e figlio, fra fratelli, fra figlio e madre, fra uomo e donna, ma soprattutto fra uomo e Dio. Nessuna esclude le altre, ma costituisce una serie di tappe, di anelli di una vicenda che porta al rapporto più importante, a quello che è uno dei maggiori temi dell'opera, cioè alla ricerca in se stessi dell'originario spirito divino per potersi accostare a Dio. In questo contesto c'è un fatto determinante e che può ricondurre anche all'individuazione dell'epoca; c'erano molte sette eretiche, ovviamente combattute, non solo dialetticamente, dalla Chiesa ufficiale e fra queste ce n'era una che aveva una precisa localizzazione ai confini orientali dell'impero. Questa setta era portatrice di un'eresia da noi conosciuta come paulicianesimo, caratterizzata dal dualismo, che portava a considerare l'esistenza di due Dei, il Dio crudele dell'Antico Testamento, creatore del mondo, e il Dio buono del Nuovo Testamento, artefice dello spirito e dell'anima, e quindi l'unico degno di essere seguito. Ora, il periodo più disgraziato di Giuliano inizia con il rifiuto di fare strage di questi eretici, che sarà poi effettuata poco dopo da un altro generale. Storicamente questo avviene nel X secolo d. C. E quindi il periodo in cui si snoda la vicenda è quello. Ma il paulicianesimo richiama anche ad altre chiavi di lettura nel rapporto tra padre e figlio, in cui il primo assume le caratteristiche del Dio malvagio dell'Antico Testamento, mentre il rifiuto della violenza e il desiderio di amore di Giuliano finiscono per introdurre alla sua relazione con Dio, laddove, pur credente, e a differenza del priore del convento Johannes, che è stato chiamato dal Supremo, in lui predomina la necessità di non essere scelto, ma di scegliere. La differenza è sostanziale (nel caso di Johannes la chiamata è venuta dal cielo, mentre per Giuliano è frutto di una sua libera scelta) e serve a portare ad ancora un'altra visione dell'opera. La storia è frutto di decisioni assunte secondo il principio del libero arbitrio, oppure è qualche cosa che è già scritto nel libro del destino, senza che noi possiamo interferire con esso? Domanda a cui possono essere date risposte diversamente articolate, ma senza che una possa prevalere decisamente sull'altra. Giuliano è indubbiamente un personaggio complesso, tanto che Giorgia Lepore lo ha definito una sintesi di "colonne portanti" della storia bizantina, che vanno da Giuliano l'apostata a Basilio II. Insomma, a un protagonista, che non è mai esistito, è stato affidato il difficilissimo incarico di rappresentare un mondo in più epoche, di nobilitare nell'uomo il senso della vita con una scelta individuale per l'amore verso Dio, di essere così antico e al tempo stesso moderno, anzi addirittura senza tempo. L'abitudine al sangue, come è possibile comprendere, è un libro che induce a continue riflessioni, e quindi da leggere con calma e attenzione, ma anche da rileggere più volte per scoprire qualche cosa di nuovo, aprendolo al nostro cuore.

La ricerca dell'AssolutoDi M. Renzo-29 ottobre 2009

Questo libro presenta molteplici chiavi di lettura che ne fanno un'opera per certi versi ardita, ma che nel complesso costituisce il positivo esordio letterario dell'autrice. Premessa indispensabile è che non si tratta di un romanzo storico in senso stretto, perché se è vero che la localizzazione è Bisanzio, capitale del Romano Impero d'Oriente, l'epoca non è esattamente determinata, pur presentando caratteristiche tipiche dell'alto medioevo; anche per i personaggi non vi sono diretti riscontri, pur se in un'attenta analisi alcuni possono essere ricondotti a figure che hanno caratterizzato alcuni secoli di quel periodo. C'è indubbiamente il tentativo della scrittrice, appassionata di storia bizantina, di fornire l'immagine di quel che era quel lontano impero, caratterizzato da faide nella famiglia regnante con frequenti delitti particolarmente riprovevoli, quali il parricidio e il fratricidio, e in questo senso l'impostazione dell'opera assume i toni di una tragedia che richiamano opere di Shakespeare, in primis l'Amleto. E, come dice Giorgia Lepore nella mia intervista, questo è un romanzo di relazioni, fra padre e figlio, fra fratelli, fra figlio e madre, fra uomo e donna, ma soprattutto fra uomo e Dio. Nessuna esclude le altre, ma costituisce una serie di tappe, di anelli di una vicenda che porta al rapporto più importante, a quello che è uno dei maggiori temi dell'opera, cioè alla ricerca in se stessi dell'originario spirito divino per potersi accostare a Dio. In questo contesto c'è un fatto determinante e che può ricondurre anche all'individuazione dell'epoca; c'erano molte sette eretiche, ovviamente combattute, non solo dialetticamente, dalla Chiesa ufficiale e fra queste ce n'era una che aveva una precisa localizzazione ai confini orientali dell'impero. Questa setta era portatrice di un'eresia da noi conosciuta come paulicianesimo, caratterizzata dal dualismo, che portava a considerare l'esistenza di due Dei, il Dio crudele dell'Antico Testamento, creatore del mondo, e il Dio buono del Nuovo Testamento, artefice dello spirito e dell'anima, e quindi l'unico degno di essere seguito. Ora, il periodo più disgraziato di Giuliano inizia con il rifiuto di fare strage di questi eretici, che sarà poi effettuata poco dopo da un altro generale. Storicamente questo avviene nel X secolo d.C. e quindi il periodo in cui si snoda la vicenda è quello. Ma il paulicianesimo richiama anche ad altre chiavi di lettura nel rapporto tra padre e figlio, in cui il primo assume le caratteristiche del Dio malvagio dell'Antico Testamento, mentre il rifiuto della violenza e il desiderio di amore di Giuliano finiscono per introdurre alla sua relazione con Dio, laddove, pur credente, e a differenza del priore del convento Johannes, che è stato chiamato dal Supremo, in lui predomina la necessità di non essere scelto, ma di scegliere. La differenza è sostanziale (nel caso di Johannes la chiamata è venuta dal cielo, mentre per Giuliano è frutto di una sua libera scelta) e serve a portare ad ancora un'altra visione dell'opera. La storia è frutto di decisioni assunte secondo il principio del libero arbitrio, oppure è qualche cosa che è già scritto nel libro del destino, senza che noi possiamo interferire con esso? Domanda a cui possono essere date risposte diversamente articolate, ma senza che una possa prevalere decisamente sull'altra. Giuliano è indubbiamente un personaggio complesso, tanto che Giorgia Lepore lo ha definito una sintesi di "colonne portanti" della storia bizantina, che vanno da Giuliano l'apostata a Basilio II. Insomma, a un protagonista, che non è mai esistito, è stato affidato il difficilissimo incarico di rappresentare un mondo in più epoche, di nobilitare nell'uomo il senso della vita con una scelta individuale per l'amore verso Dio, di essere così antico e al tempo stesso moderno, anzi addirittura senza tempo. L'abitudine al sangue, come è possibile comprendere, è un libro che induce a continue riflessioni, e quindi da leggere con calma e attenzione, ma anche da rileggere più volte per scoprire qualche cosa di nuovo, aprendolo al nostro cuore.