L' abbandono di Martin Heidegger edito da Il Nuovo Melangolo

L' abbandono

Collana:
Opuscula
Traduttore:
Fabris A.
Data di Pubblicazione:
4 settembre 1995
EAN:

9788870182972

ISBN:

8870182975

Pagine:
86
Formato:
brossura
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Descrizione L' abbandono

Come si iscrive nell'ormai conchiuso itinerario filosofico di Heidegger un'opera come Gelassenheit"? Che significato assume l'adozione di questa parola fondamentale della mistica speculativa cristiana nel contesto di una ricerca che ha per oggetto l'essenza del pensiero e il suo destino? Grazie a quale singolare processo ermeneutico una parola del "Religioso" diviene parola del "Pensiero"? Una risposta a tali interrogativi può unicamente trovarsi nella considerazione di un tema o problema che la letteratura su Heidegger raramente ha affrontato nei suoi termini essenziali, nella considearzione cioè del rapporto tra filosofi e religione, fra linguaggio filosofico e linguaggio religioso lungo tutto l'arco del suo pensiero." (Carlo Angelino)

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4 di 5 su 1 recensione

ogni parola nominata è un arbitrioDi D. Marco-25 agosto 2010

L’“Abbandono”, che attraverso “la docile calma del libero ascoltare”, “si risveglia quando il nostro essere è disposto a lasciarsi ricondurre a ciò che non è un volere, e che in sé, a prima vista, appare inconciliabile” è un testo che a buon diritto può essere compreso come una tappa fondamentale e un essenziale approfondimento dell’itinerario del pensiero di H. dopo il periodo della cosiddetta “svolta”, una vera e propria fucina per tutti quei concetti presenti nella speculazione heideggeriana matura. In questo volumetto vengono, infatti, richiamati, insieme alla consueta polemica nei confronti del principio di non contraddizione e del pensiero calcolante, molti dei temi cari all’autore quali la saggezza asiatica del non-agire (e non volere), il rapporto autentico dell’uomo con le cose, l’allarmante strapotere della tecnica nel mondo contemporaneo, la crisi del linguaggio concettuale speculativo della metafisica, la critica all’impostazione trascendentale del filosofare, della concezione platonico - aristotelica dell’Essere pensato come presenza e del pensare concepito inteso tradizionalmente come volere e come rappresentazione, che fino ad H. ha dominato la scena filosofica Perché l’Abbandono è proprio questo volgere lo sguardo via dal pensiero (e dal volere), farsi libero dal rappresentare trascendentale che pensa all’interno della prospettiva di un orizzonte circoscritto, perche altrimenti tutte le cose che ci vengono incontro sarebbero ancora da considerare come oggetti. UN LASCIAR L’ESSERE che non ha alcuna connotazione passiva, non è insomma inoperosità, un debole lasciar correre o un lasciar andare le cose per il loro verso, ma accenno a una parola non descrivibile (risveglio?) -perché la parola non rappresenta mai nulla ma accenna-, in cui si cela un senso dell’agire che pur non rientrando nell’ambito della volontà e non potendosi definirsi attività, si mostra ancora più elevato di quello che attraversa tutte le azioni dl mondo e l’agitarsi dell’umanità e preclude ad un senso più profondo: quello della vastità di quell’Aperto originario che ci circonda e costituisce l’ambito entro cui l’orizzonte (un orizzonte inteso come qualcosa d’altro rispetto all’orizzonte di cui comunemente si parla) si dispiega, che non oggetivizza e non reifica le possibilità, ma anzi le mantiene aperte in quanto tali. Nel prosieguo della sua indagine sul senso ultimo del termine, cercando di configurare sempre meglio l’Abbandono , H. ci mostra tutta l’inadeguatezza delle parole a dire ciò che l’uomo avverte come non-appartenente al proprio mondo mortale, e spazzando via ogni residua luciferina tentazione di asservire a sé il linguaggio è costretto dalle cose stesse ad abbandonare i limiti concettuali e speculativi mediante cui la tradizione filosofica nomina Dio e il Sacro, per creare un nuovo linguaggio capace di dire l’Essere attingendo da un universo di parole che attengono alla ricerca dell’ineffabile parola del nulla originario. Il lettore più attento non mancherà di trovare in questo testo echi e spunti che lo ricollegano alla mistica speculativa cristiana e alla sapienzialità del più puro Vedanta, al taoismo (l’abbandono sarebbe non soltanto la Via ma anche lo tesso muoversi su questa via) e ad alcuni insegnamenti radicali del buddismo zen giapponese. Una ricerca sull’essenza del pensiero e il suo destino e non un libro di pensiero filosofico, dove il fondamento sotterraneo di tutto ciò che viene enunciato (anche se mai espresso) è il motivo religioso affrancato però tanto dal contesto della fede cristiana quanto da ogni presupposto teologico e metafisico: una comprensione dell’esperienza di quel Religioso, che la Teologia ha contribuito fin dalle sue origini a celare a tenere occultata e che ne è la sua più sua radicale demitizzazione. Una dimensione del Religioso che riporta il filosofo all’Origine, e che la metafisica nella sua storia ha sempre preteso di cancellare o dominare. Un libro da meditare più che da leggere.